Di Cesare Pavese ho letto ogni cosa, dalle opere in prosa, le poesie, i racconti e i carteggi. Un'opera tra tutte, è la mia preferita: Dialoghi con Leucò.
Dialoghi con Leucò è una raccolta di ventisette brevi racconti pubblicata nel 1947. Ogni racconto ha forma di dialogo e vede come interlocutori due personaggi della mitologia greca. Il mito è reinterpretato con un nuovo sguardo etnologico, alla luce della corrente novecentesca dell'esistenzialismo, e delle teorie di Freud e Jung.
Pavese, dando la parola a dèi, eroi e poeti appartenenti a un passato mitico così lontano, ma allo stesso tempo congenito nell'uomo, fa loro disvelare la realtà, e quello che ne emerge è un mondo mostrato nel suo orrore, carico di un'angoscia che da sempre e per sempre caratterizza la vita. Ogni dialogo dipinge l'intrinseca essenza dell'individuo (amore, amicizia, dolore, rimpianto...), procedendo secondo uno schema ben definito dall'autore stesso.
Il titolo del libro è un omaggio a Bianca Garufi, scrittrice, poetessa e psicoanalista, con la quale Pavese ebbe un'intesa relazione nonché un assiduo dialogo sulla psicologia e sulla mitologia greca, materie di cui entrambi erano appassionati.
Leucò (λευκός), infatti, è la traduzione greca di bianca, nonché il diminutivo di Leucotea, la dea che salva Odisseo dal naufragio donandogli un velo.
Pavese considerava Dialoghi con Leucò la sua opera più importante, l'unica che «valga qualcosa». Non a caso la tenne con sé la notte in cui si tolse la vita, e proprio sul frontespizio della copia lasciò il suo ultimo messaggio.
"Edipo: Ma viene il giorno che ritorni al Citerone e tu più non ci pensi, la montagna è per te un'altra infanzia, la vedi ogni giorno e magari ci sali. Poi qualcuno ti dice che sei nato lassù. E tutto crolla.
Mendicante: Ti capisco, Edipo. Ma abbiamo tutti una montagna dell'infanzia. E per lontano che si vagabondi, ci si ritrova sul suo sentiero. Là fummo fatti quel che siamo."
La strada (Edipo e il Mendicante)
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